La società si basa sulla comunicazione, non può esistere società senza qualche tipo di comunicazione. Comunicazione significa oggettivazione: ciò che è un’esperienza soggettiva deve essere tradotto in un linguaggio, ovvero trasposto in un veicolo oggettivo che trasporta oggetti. Questo è l’unico modo per rendere possibile la comunicazione: nessuna comunicazione è possibile senza qualche tipo di linguaggio. Linguaggio, comunicazione, trasposizione, significano un certo livello di tradimento, infedeltà. Tutte queste cose rendono la società e la spiritualità poco utili l’una all’altra, possiamo persino dirle nemiche. La spiritualità mantiene un orientamento permanente verso ciò che non può essere espresso, che è la fonte originaria di ciò che alla fine si manifesta in espressioni e comprensione. La società invece ha bisogno di comprensione, chiarezza. Questo non significa che qualsiasi tipo di spiritualità sociale sia impossibile. Il mondo è ricco di religioni, spiritualità ed esperienze artistiche che testimoniano come la spiritualità sociale sia non solo possibile, ma anche una meravigliosa esperienza. Tuttavia, anche in qualsiasi religione, in qualsiasi esperienza sociale di qualsiasi tipo di spiritualità, il punto di riferimento ultimo rimane l’inesprimibile. Una banda musicale, o una squadra sportiva, è in grado di offrire un’esperienza spirituale perché ciò che è visibile e comunicabile in loro rimanda ad altre cose che sono al di là della comunicazione. Senza questo riferimento, persino una partita di calcio è inutile, priva di significato, di gusto.
Tra società e spiritualità viene ad esserci una sorta di tirare da un lato e dall’altro. La società ha spiritualità, ma la società in generale ci spinge verso l’oggettività, con la tendenza a farci perdere di vista l’inesprimibile. La società non ci raccomanderà mai di prestare attenzione all’inesprimibile. Un membro di una società potrebbe, ma la società no. Al contrario, la spiritualità tende ad attrarci verso la solitudine, dove saremo in grado di percepire molto più facilmente l’universo delle cose e delle esperienze inesprimibili.
Ovviamente possiamo coltivare un dialogo e un’armonia tra spiritualità e società, ma quanto ho detto mostra che le loro rispettive nature le rendono poco compatibili tra loro e persino nemiche. Possiamo verificare questa situazione nella vita di diverse persone spirituali, ad esempio in Gesù. La società accolse Gesù quando entrò a Gerusalemme, poi però lo uccise. Niente e nessuno può essere biasimato per questo: è la loro natura a renderle rende nemiche.
In questa situazione, quando i problemi diventano piuttosto gravi, la società viene ad essere completamente incapace di aiutare o proteggere certe persone.
Un istinto verso la società è nel nostro DNA, quindi questo conflitto sarà sempre dentro ognuno di noi. La nostra evoluzione ha sviluppato in noi un istinto di sopravvivenza che cerca la società, ma allo stesso tempo non possiamo fare a meno di sentire, almeno a volte, il bisogno di ritirarci dalla società e dimorare nell’ambiente caldo e confortante che è la nostra vita interiore, la spiritualità, l’ascolto. A volte è la società, o un partner, un amico, un genitore, a farci sentire il calore più intenso dell’essere a nostro agio. Anche questa è un’esperienza spirituale, ma la spiritualità in quanto tale ha il suo nucleo ultimo nella solitudine, nella soggettività, nell’esclusività di ciascuno. Rispetto a queste cose, qualsiasi altra esperienza di calore risulta positiva, ma inevitabilmente inferiore e passiva.

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